domenica 17 ottobre 2010

L'eco dei Sogni

Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte.
Edgar Allan Poe

martedì 14 settembre 2010

Pane, aulive, tumazza e vino

Si, così. Come essenziale avrebbe dovuto essere la mia vita così con le cose essenziali dovrà finire la mia vita.
Pane, il cibo per eccellenza; olive, frutto umile della terra che chiede poco all’uomo per dare tanto; formaggio, sintesi del latte, alimento materno indiscusso alito vitale. Vino, infine sul quale e con il quale si sono scritti cantici, si sono combattute guerre, vissuti travagli d’amore e di intelletto.
Ho apparecchiato con una tovaglia rossa a quadri, un bicchiere di vetro vecchio, come quelli che si trovavano nelle vecchie bettole, il pane fatto in casa, cotto a legna (oggi, anche gli odori devono recitare), un coltello affilatissimo un po’ arruginito, il fiasco dall’ impagliatura stanca, vissuta tra bestemmie di assassini prezzolati e occhi lacrimosi di vecchi rassegnati. Un pezzo di formaggio stagionato ma non troppo come non troppo stagionata sarebbe la mia vita e infine le olive. Olive bianche e nere come il bene e il male, salate, profumate, condite, schiacciate. Hanno rilasciato il loro sangue appetitoso in attesa che qualcuno ne approfitti.
Bussano alla porta. Non pensavano di trovarmi in questo casolare povero, circondato da un orto, alberi da frutto, galline starnazzanti e un asino sdentato. Hanno perso tempo e denaro tra casinò, alberghi di lusso, metropoli, cercando tra conti correnti criptati e depositi miliardari. Ora sono stanchi e arrabbiati.
Apro. Sono ben vestiti. Giacche, cravatte e camice intonate. Tutti hanno un buon profumo, costoso come le loro scarpe. Non ridono, non parlano. Pochi gesti, decisi, professionali.
Silenzio.
Ho paura ma loro non lo sapranno mai.
Si sente l’odore della mia paura frammista a quella del pane, delle olive, del formaggio e di mezzo bicchiere di vino appena versato. Loro non possono sentire questi odori. Stasera torneranno a dormire dopo aver fatto l’amore con giovani donne dalle bianche braccia e dalla risata squillante.

giovedì 9 settembre 2010

Ancora Frammenti

.........“ Torno di notte ( e che notte!), di fretta, verso casa, sotto una pioggia torrenziale, senza ombrello, intirizzito dal freddo, con il miraggio del mio soggiorno comodo e caldo e, mentre batto i denti, già mi vedo dentro il mio elegante pigiama mentre bevo un po’ di ottimo brandy per poi mettermi sotto il morbido piumino d’oca e godermi quel senso di pace, di benessere e di sicurezza, magari pensando ad un altro uomo, uno qualsiasi che si sta dirigendo, sotto la pioggia e con quel freddo, verso la sua casa e godendo del fatto che io sia già al sicuro e che abbia superato brillantemente una dura prova che voleva infliggermi la vita, quando i miei pensieri vengono distolti da un forte miagolio.
Me ne frego, ma comincia inspiegabilmente ad assalirmi la paura: se non soccorrerò quella bestia troverò la casa sprangata e dovrò restare tutta la notte sotto la pioggia, al freddo, in balia dei trucidatori di gatti, che nonostante si chiamino così, non disdegnano di certo massacrare un bipede come me.
Seguo con difficoltà, a causa del fragore del temporale, il miagolare e, proprio sotto un portico,intravedo una gatta che ha appena partorito sei cuccioli. Il felino mi guarda fissamente e mi chiede di portarla a casa e lasciare morire i piccoli.
Subito la mia paura e i miei timori spariscono: sono certo di aver trovato un mio simile, anche se una vocina mi ricorda che il mio temperamento è mite e bonario, il mio animo è gentile e non potrebbe abbandonare alla loro nefasta sorte quei sei bellissimi mici. Ma questa è finzione, la realtà è che ci sono i trucidatori pronti ad approfittare di qualsiasi mia defaiance. E poi, il comando della gatta è imperioso e io non so e non voglio resistervi.
Mi avvicino e prendo l’ animale con il pollice e l’indice, per la pelle, proprio sotto la nuca ma non lo agguanto bene e, mentre lo sollevo da terra, lui comincia ad infuriarsi, a soffiare, a contorcersi; ma io non lascio la presa: devo portarla a casa, la gattaccia, devo portarla al sicuro e con lei devo portare al sicuro anche me.
E lei comincia a miagolare fortissimo e a dibattersi fino a divincolarsi e ad addentarmi la mano, mentre con gli artigli si tiene ben salda al mio braccio. Il dolore è lancinante e sangue comincia a scorrere copioso dalle ferite e a pulsare nelle tempie. Con un balzo innaturale la gatta è all’ altezza della mia faccia e, sorretta a mezz’aria da chissà quale forza, comincia ad artigliarmi con una violenza e una velocità indescrivibili. Sento la carne che lacerandosi cade a brandelli e il sangue caldo che scorre dal mio viso al collo, sul petto; sento l’ olezzo animalesco e nauseabondo che emana la urlante bocca della bestia; sento il doloroso rumore sinistro dei sui artigli quando stridono contro i miei denti e, mentre questa furia sembra non volersi placare più, mi giro e vedo un vigilante armato di sfollagente che assiste impassibile allo scempio del mio volto. Lo supplico con il solo occhio rimastomi e lui, come svegliatosi, corre incontro a me. Alza il manganello e, urlando alla stessa stregua del felino, lo picchia violentemente sulle mie spalle e sulla testa e sul torace e nello stomaco e mi urla:
“ Questa è la notte della gatta mal presa”.
Penso che forse io stia vivendo un sogno e quindi…..potrei svegliarmi; ma non riesco a farlo; riesco solamente a tornare indietro di qualche minuto e decido di prendere la gatta ma non la agguanto bene e, mentre la sollevo da terra, lei comincia ad infuriarsi, a soffiare, a contorcersi e mi strazia di nuovo. E supplico. C’è un giovanotto, un piccolo teppistello che, ridendo sotto la pioggia, orina e, mentre si allontana incurante del temporale e di me, canticchia:
“ Questa è la notte della gatta mal presa”.
E ritorno indietro e lei comincia ad inferocirsi e mi strazia. E supplico. E c’è me stesso che prende la gatta e mi salva, ma la gatta lo strazia e io, con un solo occhio e la bocca a brandelli riesco solamente ad abbozzare una smorfia che dovrebbe apparire come un sorriso ironico e gli urlo:
“ Questa è la notte della gatta mal presa”.
Mi tampono le ferite alla meno peggio e riprendo il cammino sotto la sferza dell’ acqua, al freddo, al buio, ma verso casa, verso la luce, verso il calore, verso il paradiso. Cerco di concentrarmi al pensiero piacevole del “dopo”, quando i miei pensieri vengono distolti da un forte miagolio. Me ne frego, ma comincia ad assalirmi la paura!” ..........

martedì 24 agosto 2010

Un frammento

......"E’ una sera d’ estate molto rilassante; un po’ di fresco fa godere il mio corpo stressato dalla calura micidiale del giorno appena trascorso. Calura che mi ha fatto sudare, che ha dilatato i miei vasi sanguigni facendomi pulsare le tempie, che mi ha fatto odiare la mia povertà, così spaventosa da non permettermi di avere una macchina con l’aria condizionata, una casa con l’aria condizionata, un ufficio con l’aria condizionata, una vacanza in un posto fresco, un mondo condizionato tutto per me.
Sono solo sul terrazzo e assaporo fino in fondo anche il minimo alito di vento.
Ogni tanto sfioro con le braccia o con le cosce nude la ringhiera di ferro freschissima e rabbrividisco di piacere.
Fumo e bevo un enorme long drink e fumo e bevo; un po’ in piedi, un po’ seduto, un po’ sdraiato. E fumo e bevo; ho staccato il citofono e il telefono.
Le luci di casa sono tutte spente. Mi tiene compagnia la luna, che questa sera sembra voler mostrare e ricordare al mondo il suo fascino, la sua bellezza; ci sono già stati sulla luna, ma io non ci credo: non sono veri tutti i filmati che ho visto.
Nessuno andrà mai sulla luna! Nessuno scoprirà mai perché ha gli occhi, la bocca, il naso e, a volte ti sorride, a volte ti tiene il broncio. Nessuno scoprirà mai perché con la luna piena nascono i maschi, escono i lupi mannari dai loro bui anfratti e i vampiri e i folletti non possono divertirsi........"

domenica 22 agosto 2010

Siamo sicuri di voler cercare il Senso della Vita?

C’era una volta un paese che racchiudeva
tutti i paesi del mondo; e in questo paese
c’era una città che incorporava tutte
le città del paese; e in questa città
c’ era una strada che riuniva in sé tutte
le strade della città; e in questa strada
c’ era una casa che conteneva tutte le case
della strada; e in questa casa c’era una
stanza, e in questa stanza c’era un uomo,
e quest’uomo rideva, rideva, e nessuno
aveva mai riso come lui.
Rabbi Nachman di Breslav

martedì 17 agosto 2010

Rebus in Maschera

E' un gioco, come del resto tutto ciò che ci circonda è un grande gioco, un enorme circo, una gigantesca rappresentazione zeppa di ogni ingrediente.
Ho preso quindi la vignetta di un rebus e l'ho privata della sua chiave solutiva. Guardandola ne ho tratto un eco. Poi, gli ho "ridato l'anima" e ho continuato il frangersi dell'eco. A me piace!!


APOCALISSE



Certo, non ci vuole molta fantasia per capire chi sono questi tre uomini e cosa aspettano. A nulla è valsa la diplomazia, gli innumerevoli tentativi per salvare il salvabile, le centinaia di vite umane sacrificate con la speranza che questo momento non venisse mai a raggelare gli animi. La torre di babele era stata costruita a forza, con ostinazione e ,come un antico testo sacro dettava, oramai gli operai non si comprendevano più vicendevolmente. La torre, iniziata come opera summa a monito perenne della forza e della potenza umana, era crollata travolgendo con sé popoli, nazioni, lingue, memorie, affanni, sentimenti, lacrime, gioie, palpiti di cuori.
Ora non rimangono che macerie intrise di sangue e morte. Sangue, l’unico mezzo che l’uomo ha scoperto per lavare l’odio, per dare nuovo vigore ad un mondo insulso per far rinascere il candore che nemmeno le nevi perenni riuscivano più a dare.
Tre Dii dovrebbero ora guidare le menti dei tre fautori della vittoria della vita ma la prima e irrevocabile decisione sarà quella di non affidare il nuovo mondo all’onnipotenza . Il divino sarà prerogativa personale e intimo dei neonati uomini. E, non si formulerà parola: nel silenzio solo le idee più nobili, più sottili possono avere spazio e assordare.
UN EROICO AVIATORE

Ma il più vecchio dei tre non poteva e non voleva distaccarsi da una visione romantica della vita e della morte.
Alle 18.45 aveva concertato con suo figlio, un eroico aviatore, un piano alternativo. Il ragazzo sarebbe decollato protetto da sistemi anti intercettazione e con un carico che avrebbe seminato vita.
Tutto sarebbe dipeso dalla sua bravura e dal suo coraggio ed ora…………….., ma questa è un’altra storia ed è giusto che ognuno la immagini come il suo animo desideri.
E’ solo così che si avvererà.

giovedì 12 agosto 2010

Orientale

Sono in macchina, sto andando al lavoro come ormai faccio da una vita.
"Una vita" , che frase fatta, che parole vuote, inutili, sensa senso. Ma forse in questo nonsense oggi sto racchiudendo tutto quanto di negativo i miei ricordi recenti e vecchi vogliono tarlarmi il cervello. Chissà perchè quelli belli oggi non desiderano giocare con me, eppure ci sono e ci si siamo divertiti insieme spessissimo e a lungo.
La giornata è brutta ma non solo per il tempo. Fosse solo per il turbinio delle foglie sospinte da un vento gelido, cattivo, sferzante! Fosse solo per i violenti scrosci d'acqua e grandine che colpiscono in ogni dove senza pietà vecchi, bambini, mendicanti, neri, rom, primari, onorevoli. La giornata è brutta, ma non solo per il tempo. Fosse solo per i fulmini che sinistramente sorridono e con la loro lama gelidamente infuocata atterriscono piccoli uomini bagnati e tremanti di freddo!
E' brutta: questo impeto polare, questa brezza diventata burrasca vorrebbe trasformarsi in un ciclone nella mia mente, nella mia anima e rendere essa il suo occhio nero.
Ma basta poco, basta un fruscio, un fremito, un alito.
Una donna attraversa distrattamente davanti alla mia macchina. Freno bruscamente e insieme ai freni rallento anche l'ansimare asmatico dei miei pensieri. Una donna, uno scambio di sguardi, forse di sorrisi. Lei parla alla mia mente, telepaticamente mi ringrazia perche con la mia attenzione le ho donato ancora da vivere. Io le rispondo che lei è stata mandata da un arcobaleno nascosto nelle profondità buie di un uomo impaurito dai baleni e dalle mareggiate della vita.

Questi versi li dedico a te sconosciuta donna mandata da un eco a dirimere un dilemma. Chissà se in qualche parte del mondo tu, vecchia turca, saracena, bizantina......stai mandando un eco per me.

Un velo e il viola svolazzare
Di una vecchia orientale.
Inizia il giorno.
Inizia il gioco.
E, mi piace.

lunedì 9 agosto 2010

Un soffio soffice, liscio come la seta

La giornata tende all’ imbrunire ed è questo per me il momento più bello. Al crepuscolo tutte le cose assumono un aspetto diverso, i rumori sembrano farsi più ovattati, il ritmo della vita leggermente rallentato. Si assapora già l’arrivo della sera ma con il ricordo ancora vivo del giorno. E, se per caso, si sta preparando qualche avvenimento, come l’avvento del Natale, tutto l’insieme intorno a te assume addirittura un aspetto magico, favoleggiante: l’aspetto dell’ attimo prima, del momento in cui.
L’ attimo prima che si accendano i lampioni e le luci delle vetrine, l’attimo prima che il rosso dell’ imbrunire scompaia, l’ attimo prima di accendere le luci in macchina e in casa, l’ attimo prima di un nuovo pensiero.
Non si può fare nulla contro il crepuscolo, anzi nessuno desidera fare nulla contro di esso perché è solo in quel momento che può accadere tutto o niente e questo tutto o niente sarà comunque particolare, diverso, fantastico.

sabato 7 agosto 2010

Amore? Amore! Amore &...

“....uno degli aspetti più tremendi dell' amore era che, anche se si poteva fino ad un certo punto aiutare un' altra persona, non era mai possibile "fare" realmente qualcosa al suo posto. Se vedi un uomo cadere, puoi aiutare a sollevarsi: ma se per lui fare un altro passo fosse più necessario dell' aria che respira, deve farlo da solo: è impossibile per chiunque farlo al posto suo."
( Fritz Peters - " La mia fanciullezza con Gurdjieff").

mercoledì 4 agosto 2010

Baobab

Sono arrivato, quindi: ansimante davanti alla tua porta, portando con me un guizzante e forse morente anelito d’amore.
Trattengo il respiro, chiudo gli occhi e tanti piccoli puntini iridescenti sventano la notte dalle mie pupille, penetrano la iridata superficie acquosa e, a cavallo del cristallino, invadono il mio essere, si approriano del verbo in un gioco d’ombre che pone la vita e la morte come a volersi sfidare.
Apro gli occhi, guardo alla mia destra, fuori da una finestra, e la vista della luna con il suo morbido alone color seppia mi eccita stranamente.
Percè tanta paura! Perché tanto timore!
La mal levigata superficie di una porta chiusa non dovrebbe presagire nulla.
La mia mano ora, come animata di vita propria, preme timorosa ma con prepotenza sul legno e i miei occhi vedono te, mio diamante, mia luce.
Spenta.
Il diamante nella mia tasca non emana più la sua luce sfascinante.
Domani ti porterò delle camelie.

domenica 1 agosto 2010

Storia del ragno e della zanzara

Lavoro in una stanzetta piena di spie luminose, monitor, microfoni, telefoni. L’aria ha il tipico odore delle trentotto sigarette già fumate.
Ho appena acceso la trentanovesima.
Sul tavolo di fronte a me un pacchetto di patatine aperto, una mela addentata,mezza bottiglia di acqua minerale con aggiunta di anidride carbonica, un posacenere svuotato e il quotidiano del giorno prima. Lo guardo, non ha più quel suo buon odore di notizia fresca ma non lo butto.
Ancora: un pacchetto di Camel con sopra poggiato l’accendino usa e getta da poco rubato al marocchino per sole 200 lire, una ricetrasmittente portatile, una penna che macchia e dei registri con la copertina di un bel colore cerde e azurro.
Sono le tre.
Non mi annoio.
La zanzara mi ha già punto quattro volte e continua a ronzarmi nell’ orecchio. Cerco di ucciderla ma riesco solo a rintronarmi il timpano e a esibirmi in performance verbali non molto signorili ( biastemie, santioni…per dirla come il Maestro Camilleri).
Lei, l’insetto malefico, è felice: è satolla del mio sangue, del sangue del mio collega e chissa di quante altre tipologie di sangue.
Voglio seguirla.
La vedo tornare a casa dopo un altro giretto in centro. Mentre stiracchia le alette e ripulisce il pungiglione il suo sguardo viene attirato da una meravigliosa luce azzurra.
“ Come è bella, come è è è è bella!" (Quando le zanzare sono felici balbettano. N.d.A.)
" Si..Sic..Siccur...Sicurrraaamente è quello il nostro paradiso”.
Si mette il pigiamino e si infila nel suo lettino costruito al calduccio dietro una ragnatela del termosifone ma, volgendo ancora lo sguardo verso l’alto ci ripensa:
“Perché dormire proprio adesso; non posso farmi sfuggire un’ occasione del genere”.
(Quando le zanzare sono immensamente felici non balbettano più . N.d.A).
Si riveste e si leva in volo.
Con il cuore gonfio di gioia libra il suo corpicino in alto, sempre più su verso la dolce luce.
Già comincia a sentire le sinfonie dei serafini e dei cherubini.
Sempre più vicina alla lampada attinica.
ZZCrrzz ZZZcrzzztz
Non puzza.
Sto lavorando in una stanzetta piena di spie luminose, monitor, microfoni, telefoni.
Ho voglia di fumare.
Un ragno si avvicina alla mia scarpa.
Pensa che questo possa essere un ottimo posto per costruire la sua ragnatela.

giovedì 29 luglio 2010

L’amore non ha eco o forse ne ha infiniti

Il tremore di eteree visioni
si spegne tra urla. Negli anfratti
silenziose fughe di ratti
e ansie di vane allucinazioni.

mercoledì 28 luglio 2010

L 'Eco di Cappuccetto Rosso



Adesso sono passati molti anni e questo tipo di scrittura, di fantasticare e di giocare con gli echi dell'anima non sono più confacenti alla mia persona ma non bisogna mai rinnegare ciò che ha fatto vibrare anche minimamente una corda. Quindi ecco l' Eco di Cappuccetto Rosso!!.

Lei era una piccola capobanda e se ne andava in giro con un gruppetto di delinquenti imberbi armati di Umts e di staelliti spargendo terrore tra gli internauti. Un giorno, dopo aver fatto il giro delle web-tv, piccoli bugigattoli con le luci al neon e pareti mai immacolate, vide il sole gonfio di sangue che schizzava all’intorno e decise di affidarsi allo scatenarsi incontrollabile di una centrifuga impazzita, quella del sesso che odorava d’animali scuoiati, di mare e di teste di pesce e di conigli disumanamente sgozzati. Con un clic abbandonò la banda e seguì il miagolare coolor vinaccia di gatti crollati da chissà quale cornicione. Cammina e cammina, il piccolo Cappuccetto Rosso, si trovò in un grande giardino di città straripante d’orchidee dischiuse come ventri invitanti, byte dalla tortuosità polipesca, lentigginose bistecche, fiori carnivori, forse anche cannibali, con quel loro quaresimale fascino coinvolgente, e una grossa gabbia con migliaia di galline. Arrivò un suonatore di mariachi, con la chitarra, la faccia innocente, un po’ di talento, un po’ di speranza. Ma è una speranza infondata. Lei non è in attesa del suo amore. Il mariachi ha nel suo contenitore un arsenale di armi automatiche. E’ una speranza infondata. Non la voluttà ma il sesso si è sprigionato qui, vicino alla gabbia con le galline, in questo odore di pollaio, qui nel cuore di una città cresciuta senza un albero…

martedì 27 luglio 2010

Eterna Eco

“Ciao, M o F?”
Così, in una notte odorante e seducente, inizio per la prima volta a ciattare*
“ Si, nonna. Si inizia così” , “Prima fai il loghin*, poi inserisci un nicneim*” e……”
Si, avevo capito. Anche se e non avvezza a certe diavolerie, i miei nipoti erano stati bravi nelle loro spiegazioni.
Sono passati mesi, finché una notte ho sentito un odore diverso dal solito. Odore di sogno.
Accendo il pc.
“Ciao, M o F?”
Colpita subito da un nic: Eterna Eco. Il mio, inventato di getto, era Eterno Eco e, anche se mi ero accorta dell’errore bè, ormai avevo superato il loghin e le altre diavolerie!
Strano: un nomignolo simile al mio!
“S” la risposta del mio oscuro interlocutore.
“S ?”
“Si, S. Sogno”
“Talora ho paura di permettere alla mia mente di abbandonarsi ai sogni ”.
Ma questa notte è veramente profumata, fragrante come non avvertivo da anni e anni.
“ Perché ti sei interrotta!, Perché non hai scritto che senti un profumo che sta penetrando i tuoi sensi? ”
“Chi sei?”
“S”
“Quando mi lascio cullare dal dolce tremore dei sogni, vedo, sento, ricordo”
Che notte! L’eco non intimorisce, affascina: percepito dall’ orecchio di una bambina.
“ L’eco non è eterno, eppure stiamo respirando questa notte con lo stesso sbaglio. Sbaglio? ”
“Chi sei?”
“S”
Stupidamente ripetevo la domanda, affascinata da questo strano incontro e ostinata nel volerne dare una interpretazione.
Io, scienziata, ricercatrice con la mente che non vuole abbandonarsi ai sogni. Ma, dovevo pur fare i conti con la mia anima, prima o poi!
“E’ buono il profumo che stai assaporando. Buono perché non avevi mai voluto ascoltare la tua vecchia, dolce, delicata anima”.
La connessione è terminata, riconnettersi?
I nipoti sono intorno a me.
La stanza è dolcemente fresca, profumata. Qualcuno mi ha già portato dei vecchi, dolci e delicati fiori.

*vocaboli inesatti scritti intenzionalmente dall’ autore

giovedì 22 luglio 2010

Clangore di scambi

Piove a dirotto, l'intercity per Milano è fermo a Livorno per un fulmine. Un ferroviere ci comunica la partenza di un interregionale che avrebbe però percorso un altro itinerario . Prendo l'occasione al volo e salgo su una vettura di certo meno confortevole ma sicuramente utile a questo famoso ingegnere che si appresta a presentare il suo ambizioso progetto: un misto di ardimento ingegneristico e provocazione socio-politica: la costruzione più alta del mondo! Non gli arabi ma noi occidentali saremmo stati i detentori dell' edificio più imponente del globo. Vi avrebbero lavorato operai di tutte le razze e di ogni credo religioso. Mi reco a Milano, subito, per un imprimatur quasi scontato e poi, alla volta delle Americhe. Una giovane capotreno asciutta nonostante il violento nubifragio in corso mi accoglie nel vagone in cui salgo; si scusa per il fatto che io debba viaggiare in una categoria inferiore...non sa se potrò chiedere il rimborso. Mi guarda sorridente, e mentre scruta il biglietto è come se scrutasse non solo la validità del titolo di viaggio ma un qualche cosa che ha notato in me, un qualche cosa che mi ha sorpreso stamattina appena alzato ma che ho voluto relegare in un angolo chiuso della mia anima. Comunque non è proprio il caso di fare i romantici o gli idealisti oggi. Mi accomodo meglio sul sedile, accendo il portatile: credo sia meglio concentrarmi sugli ultimi dettagli della mia relazione. Che notte nera! I lampi, il nubifragio, i tuoni assordanti. Il dolce dondolio del treno mi culla, il ritmico rumore delle rotaie mi acquieta, la vettura che entra nelle lunghe e protettive gallerie....,le palpebre si appesantiscono; il dormiveglia accarezza la mia anima confusa da mille calcoli frammisti a voci fruscianti di operai francesi; parole cadenzate, vocali aperte e allungate di giovani ragazzi palermitani dai belli occhi verdi. Uno scalpellino dal colorito bronzeo e dal corpo d'avorio lavora cantando una karmica filastrocca mentre un corpulento e rubizzo omone tira su sacchi enormi di cemento tra canti di pirati affamati di ori. E la torre di cuori e menti sale, sale, sale, forte simbolo di potere, enorme monolito della superbia. Socchiudo gli occhi in un alba apocalittica. Gli operai ora sono litigiosi, le voci concitate, odore di sangue, rumori di ferraglia: una grande battaglia a suon di enormi spade. No...è il treno che sferraglia su una serie di scambi; il monolito crolla tra dolore di mamme e risate di uomini che fumano pipe. Intravedo un cartello: Arquata Scrivia. E' ormai giorno: apro il finestrino, l'aria è frizzante e buona, c'è un grande arcobaleno. Scendo. Oggi è il vero grande giorno, quello per il quale ho lavorato tutta una vita, per il quale ho sacrificato vecchie passioni, una donna, un foulard rosso profumato di legno di sandalo, la voglia di avere una figlia delicata come quella che ha guardato oltre il mio biglietto. Al bar una donna di una bellezza antica mi sorride. Attendeva me ormai da anni….ma questa è un'altra storia.

Fenice.....Araba?

Il momento più fastidioso per me è proprio quello della salita sul treno, che diamine! Un po' di garbo! Non è possibile che ogni volta una signorina di una certa età e di una certa estrazione sociale come me venga sballonzolata a destra e a manca e a volte urtata ( si, avete sentito bene, urtata, sbatacchiata, anche se a onor del vero leggermente) contro porte, mancorrenti e ammennicoli vari. Dopo arrivano scuse, carezze, promesse di maggior attenzione per il futuro ma io non cedo almeno per un paio d'ore, non do confidenza a nessuno e mi concentro nel mio gioco preferito. Gioco assai raffinato con il quale del resto metto in pratica i miei studi, le mie conoscenze, le arti e le astuzie che al momento non posso esercitare pubblicamente.
Prima della partenza del treno ecco che mi si presentano due paia di piedi molto interessanti: mocassini estivi nuovissimi e molto costosi; quando l'uomo si siede posso notare delle calze in filo di Scozia dal colore intonato ai pantaloni dal risvolto perfetto da sartoria. Si, ad un osservatore distratto potrebbero sembrare appartenere ad un costruttore, un avvocato o un primario ma io ho altre armi di giudizio. La sua ventiquattrore è dozzinale, acquistata di corsa e il profumo....l'odore, non mi piace: ha un che di cattivo, il suo animo non è gentile, il suo corpo non è predisposto all' amore bensì all'odio. Guardo meglio i tacchi delle sue scarpe. Il tacco della sola scarpa sinistra è consumatissimo e questa non è una cosa buona. Credo non farà in tempo a realizzare i suoi propositi maligni. Intanto il treno è in piena corsa. Il suo leggero rollio mi fa impazzire di gioia. Sospiro, giro lo sguardo verso gli altri piedi: deliziosi in due sandalini verdi, graziosi dal tacchetto basso. Voglio rassicurarvi, i tacchi sono perfettamente allineati tra loro, ma la punta e il lato esterno della scarpa destra hanno la vernice consumata , tipico delle persone in cerca di protezione. Vi starete chiedendo cosa deduco dal loro odore? Credo sia meglio soprassedere!
Il convoglio è in frenata: rieccoci alla fase di “sballottamento”. Siamo quasi arrivati.
Ah, perdonatemi, non mi sono presentata: mi chiamo Fenice, sono la vecchia gatta della baronessa Pitichiò.
Spesso in viaggio, nel mio comodo trasportino, tra Agrigento e Caltanissetta ,mi diletto in veggenze delle quali non posso produrre prove a mio favore e, come la mia prozia alata e araba, rinascerò dopo la mia morte dalle mie stesse ceneri. Ma questa è un'altra storia.

Per chi entra.....Per chi esce......

Probabilmente chi è quì ci è arrivato seguendo un eco. Quale esso sia non è importante o magari è importantisimo.Questo non sta a me deciderlo ma a colui che crede di aver seguito l'eco.
Tutto quello che leggerai assumerà un valore solamente se deciderai di dargli il tuo di eco. Ricorda quì l'attore principale sei TU non io. IO sono il bianco costone innevato e sferzato dal vento, il verde declivio silenzioso , il profondo baratro avvolto nella canicola, la grigia lontana muraglia dove potrebbe generarsi l'eco....ma l'eco rimane e sarà sempre tuo: un parto della tua mente, del tuo spirito, della tua fantasia, delle tue emozioni, della tua vita che spendi con gioia, fatica, armonia . L' eco della tua unicità. Quindi, benvenuto visitatore che con la tua presenza animi questo cristallo sfavillante ma gelido nella sua fredda e solitaria bellezza.
Adesso le alternative sono solo due ed entrambe giuste:proseguire o andare via. Dipende dall'eco. Se prosegui l'eco ha deciso di portarti lontano e se rimani l'eco ha deciso di portarti lontano.